La Canon new F-1




Il capolavoro della Canon.
La new F-1

(produzione 205.000 pezzi, dal 1981 al 1991)

 

 

Una precisazione preliminare: Canon contribuì a generare confusione con i nomi delle F-1 in quanto non volle mai utilizzare il nome F-2 od F-3 per la macchina di punta, quindi utilizzò il nome F-1 per 3 modelli:
  • F-1 primo modello del 1971.
  • F-1 new aggiornamento del primo modello del 1976.
  • new F-1 nuovo modello del 1982.

E' tuttavia consuetudine chiamare F-1 old entrambi i modelli del 1971 e del 1976, riservando il nome F-1 new al modello del 1982; questo è bene saperlo per evitare incomprensioni.

Molte informazioni in questo articolo sono tratte dalla pubblicazione "Canon New F-1 World" edita nel 1982. Si tratta di un libro di 176 pagine piuttosto difficile da trovare, dal quale ho preso spunti molto interessanti ed appreso quanto fosse vasto il sistema concepito attorno a questa fotocamera.


Questa pubblicazione è stata edita anche in italiano, ed è ancora più rara di quella in inglese:





Estate del 1981: mentre io stavo per compiere vent'anni e l'IBM lanciava sul mercato il suo Personal Computer, Canon rinnovò l'ammiraglia, con il solito stile che la contraddistingue: nessuno stravolgimento, ma conservazione della tradizione con innovazioni importanti che rendono questa fotocamera la migliore mai prodotta nel sistema FD. L'unico difetto? L'odiosa verniciatura opaca, delicatissima. Se avessero realizzato una F-1 con fondello e calotta cromati, sarebbe stato un capolavoro ineguagliabile. Ma la moda imponeva il nero per dare un aspetto professionale.


Lo sforzo progettuale per la produzione della F-1 fu colossale. Furono ridotte le tolleranze di lavorazione dimezzandole rispetto alle precedenti produzioni, da ±0,005mm a ±0,002mm. Furono aggiunti 200 componenti meccanici in più, per un totale di 1500 pezzi, ma il peso calò di 50grammi rispetto alla F-1 old. La macchina è in realtà un misto di elettronica e meccanica, ma puo' funzionare anche senza pila e l'elettronica inserita non è stata esagerata come sulla A-1. Le indicazioni dell'esposimetro furono realizzate tramite galvanometro, e non con display a led, in piena controcorrente con la tendenza di quegli anni; questo per strizzare un'occhio ai professionisti tradizionalmente abituati all'uso del galvanometro....come dargli torto? Col galvanometro a colpo d'occhio non si legge solo l'esposizione attuale, ma si puo' valutare la scala dell'esposizione, con un uso più intuitivo anche oggi, abituati allo strapotere dei numerini nel display. Furono attuate soluzioni estremamente raffinate nello sviluppo dei mirini, dei motori, degli accessori, che resero il sistema della F-1 il più completo mai prodotto in tutta la storia della Canon. Nella macchina non erano presenti parti in plastica, ad eccezione di quelle richieste per una funzionalità specifica, come ad esempio le guarnizioni per sigillare la scocca, oppure rulli autolubrificanti in nylon per lo scorrimento delle tendine. Osservate nelle foto i dettagli tecnici. Microcuscinetti a sfere sui perni più sollecitati e la struttura del freno delle tendine:


Gli elettromagneti per il rilascio delle tendine con il traferro laminato in argento:


Saldature al laser tra ingranaggi ed alberi, e la lucidatura a specchio dei componenti più importanti, con realizzazione di gole per la ritenuta del lubrificante contro le bronzine, ampiamente utilizzate su ogni elemento che richiedesse movimenti rotatori.


Componenti elettromeccanici di precisione, ed i primi componenti elettronici a montaggio superficiale (nel 1982!)


La macchina fu concepita per lavorare a temperature comprese tra -30 e +60°C, totalmente impermeabilizzata da acqua e polvere e resistente a colpi e vibrazioni:



Qui potete vedere lo schema logico a blocchi della macchina:



mentre questo è lo schema della disposizione dei componenti elettronici:

L'otturatore della macchina fu concepito per sopportare centomila cicli, e montava tendine in titanio con funzionamento meccanico per tempi da 1/2000 ad 1/90 (sincroX, indicato da un fulminetto), oppure elettronico per tempi lenti, da 1/60" sino ad 8".
Il tempo sincro viene selezionato automaticamente non appena è rilevato un flash CATS inserito sulla slitta.
Il contrassegno sulla ruota dei tempi fu posizionato prima della posa B essendo stato concepito per un azionamento non frequente per adoperare flash non-CATS oppure collegati tramite il contatto PC.



E questa è una piccola parte del panorama accessori, che comprendeva ben 180 elementi:


La F-1 è una macchina manuale, che puo' essere evoluta mediante l'utilizzo di accessori, in modo da calibrarla al proprio sistema di lavoro. Montando infatti un prisma specifico acquisisce la priorità di diaframmi, montando invece un motore acquisisce la priorità di tempi (scelta logica del resto visto che solitamente chi scatta a priorità di tempi necessita anche di sequenze veloci di scatti). Lo schema del sistema esposimetrico era incorporato nel vetrino di messa a fuoco:



ed erano forniti 3 tipi di schermo di messa a fuoco, ognuno dei quali realizzava uno schema esposimetrico differente:


Erano quindi disponibili una lettura media ponderata, una semispot ed una spot. Il fatto che si dovesse sostituire lo schermo di messa a fuoco per cambiare il sistema esposimetrico oggi fa un po' sorridere, ma contribuisce all'essenzialità della fotocamera; chi fotografa da un po' di anni sa che lo schema esposimetrico non si cambia ogni 5 minuti, la limitazione quindi è tollerabile, basta portarsi dietro uno schermo spot per avere tutto quanto serve. Gli schermi disponibili erano 13, di cui la maggior parte realizzati secondo tutte le 3 tipologie, per un totale di 32 elementi:


L'identificazione dello schermo avveniva tramite una sigla di due lettere, di cui la prima indicava il sistema esposimetrico (A=average cioè media; P=partial cioè semispot; S=spot), mentre la seconda lettera (A, B, C, D, ecc.) indicava il tipo di lavorazione dello schermo. Così lo schermo AE (standard sulla F-1) era uno schermo di tipologia E (opaco al laser con microprismi e stigmometro) con lettura esposimetrica media pesata al centro.
Questi schermi dalla realizzazione complessa erano smerigliati al laser, consentendo una luminosità nel mirino decisamente superiore a quella di molti concorrenti del tempo.


 

I comandi e le funzioni della F-1 

 



Questo è il mirino:


Le due scale sono mutuamente esclusive.
La scala a destra, su cui si posiziona il galvanometro accoppiato ai tempi, mostra i diaframmi, mentre il tempo di scatto è indicato in verde al di sotto della scala. Inserendo il pentaprisma AE finder FN, la macchina acquisisce la priorità di diaframmi: posizionando infatti la ghiera dei tempi su A, quando il pernetto metallico impegna il cursore sporgente dal pentaprisma, la scala dei diaframmi scompare, ed appare quella dei tempi in basso, ove un altro galvanometro indica il tempo accoppiato al diaframma impostato, il cui valore, mostrato in una finestrella, viene letto otticamente sulla ghiera dell'obiettivo attraverso un circuito ottico piuttosto originale, che tuttavia funziona solo sugli obiettivi newFD e non sui breach.


La misura esposimetrica sulla F-1 è semplice ed intuitiva, la scala del galvanometro presenta diversi riferimenti:


Abbiamo un cerchietto mobile (il collimatore) collegato alla ghiera dei diaframmi, che si posizionerà quindi sul valore del diaframma scelto sull'obiettivo.
Vi è poi l'indice del galvanometro accoppiato tramite l'esposimetro ai tempi di scatto. Per avere una esposizione corretta (la cui tipologia dipende dallo schermo di messa a fuoco montato), occorre bisecare il collimatore tramite l'ago del galvanometro, e questo lo si puo' ottenere sia variando i tempi, sia variando i diaframmi. E' importante anche sapere che l'ago dell'esposimetro può avere due modalità di funzionamento, a seconda della posizione del selettore apposito:

  • Nella posizione "normal" il galvanometro indica la lettura esposimetrica mentre viene premuto a metà il pulsante di scatto; appena lo si rilascia, la lettura cessa.
  • Nella posizione "hold" invece la lettura viene effettuata per 16 secondi durante i quali il sensore esposimetrico al silicio continua a misurare la luce che riceve, funzione assai utile usando uno schermo spot per misurare l'esposizione in diverse zone oppure per valutare il contrasto ed annullabile tramite il tasto controllo batteria.
  • Nella posizione "light" il funzionamento è lo stesso della posizione "hold" ma in più la scala dell'esposimetro viene illuminata.
     
Nella nuova F-1 non furono previste funzioni di blocco dell'esposizione, né di sollevamento anticipato dello specchio; secondo la casa il nuovo sistema ammortizzatore dello specchio rendeva superfluo il sollevamento anticipato; in effetti si possono fare scatti a mano libera ad 1/8 di secondo; ciò tuttavia ha reso molto più complessa la costruzione del meccanismo dello specchio, che oggi può diventare un punto debole della macchina in caso di lungo inutilizzo. Può infatti capitare che lo specchio a causa dell'indurimento del lubrificante rallenti la sua corsa impedendo il corretto funzionamento dell'otturatore per via del sistema di controllo della sequenza di azionamento. Sono rimaste poche persone, tra cui io, a saper risolvere questo problema.

E' possibile memorizzare l'esposizione per sostituzione del soggetto: basta leggere la luce nella zona che ci interessa e far coincidere il riferimento del diaframma con quello del galvanometro, poi ricomporre e scattare (uso questo sistema per fotografare i tramonti, misurando la luce col sole appena fuori dall'inquadratura).
Probabilmente in omaggio all'essenzialità formale di questa macchina non fu ritenuto opportuno aggiungere un nuovo pulsante per memorizzare l'esposizione. E' altresì importante verificare che in base alle impostazioni selezionate non via sia sovraesposizione o sottoesposizione:


Se il galvanometro si posiziona sugli estremi della scala, segnati in rosso, occorre modificare i parametri selezionati sino a farla tornare nella zona normale.
A differenza della vecchia F-1, dove i segnali di sovrae/sottoesposizione erano fissi ai margini della scala, sulla nuova F-1 il segnalino rosso di sottoesposizione tiene conto dell'apertura massima dell'obiettivo, spostandosi di conseguenza (alzandosi dal basso) e leggendola tramite un pulsante tastatore situato dentro il bocchettone di innesto, che va a leggere l'altezza di un perno posizionato sul fondello dell'obiettivo, di quota variabile a seconda della luminosità. Montando invece il pentaprisma AE finder FN, si può attivare la priorità di diaframmi e si avrà questa scala nel mirino:


Anche in questo caso si avranno i segnali di errata esposizione agli estremi della scala, ma se l'esposizione è corretta il galvanometro si limiterà ad indicare il tempo scelto dalla fotocamera in relazione al diaframma impostato, che è l'unica regolazione possibile in questo caso.
La F-1 può anche montare obiettivi FL, oppure R, o addiruttura obiettivi non canon tramite adattatori; a titolo di curiosità osservate quanti adattatori la canon tenesse a catalogo per il corredo FD: modelli A, P, E, B:


modello N:


In particolare:


  • Lens mount converter A Permette di montare su fotocamere FD obiettivi con passo Leica M39, quindi anche obiettivi da riproduzione. 
  • Lens mount converter B Permette di montare obiettivi FD su fotocamere M39 (con perdita della messa a fuoco ad infinito), oppure su ingranditori da stampa.
  • Lens mount converter P Permette di montare su fotocamere FD obiettivi M42 Pentax/Fujinon/Cosina ecc.
  • Lens mount converter E Permette di montare su fotocamere FD obiettivi Topcon/Exakta/Angenieux/Zeiss Jena 
  • Lens mount converter N Permette di montare su fotocamere FD obiettivi Nikon; quest'ultimo adattatore, venduto a prezzo "politico", ossia carissimo, per scoraggiare l'operazione di adattamento di ottiche nikon non era neppure marchiato Canon.

Per poter usare obiettivi adattati, occorre predisporre la fotocamera alla lettura stop-down, tramite apposito pulsante situato sotto il bocchettone (dotato di collare rosso per evidenziare l'attivazione):


e nel mirino, sulla scala a destra il collimatore collegato al diaframma non sarà più disponibile: per avere una esposizione corretta occorrerà far coincidere l'ago del galvanometro con la tacchetta nera situata accanto al valore 5.6:


che non indica affatto il valore del diaframma (la macchina non lo può rilevare) ma solo il riferimento per l'esposizione corretta. La regolazione potrà essere effettuata sia tramite la ghiera dei tempi sul corpo macchina, sia su quella dei diaframmi sull'obiettivo.

L'organizzazione dei comandi è classica, ma caratterizzata da notevole razionalità, cosa che permette di familiarizzare con essi in breve tempo e di sentire la macchina "propria" molto meglio che con altri modelli (come la A-1 ad esempio). La batteria utilizzata è la PX28 da 6V tuttora disponibile:


da notare che il coperchio batteria funge da impugnatura, ed ha un sistema di blocco a pulsante efficace e solido, nulla a che vedere con i sistemi usati sulle altre macchine della serie A coeve, dove un pezzetto di plastica veniva avvitato sul corpo macchina, rendendo impossibile il cambio pila e rimanendo comunque fissato in modo precario.
Il controllo di carica della batteria si fa premendo il pulsante a lato del bocchettone:


ed osservando l'indice del galvanometro:


se esso si posiziona sopra la tacca nera accanto al diaframma 5.6 la carica è sufficiente, ed è tanto maggiore quanto più sopra si posiziona l'indice rispetto al riferimento.

Il pulsante per il controllo della carica assolve anche altre tre funzioni:

1. annulla il conteggio per l'autoscatto.
2. spegne l'illuminazione della scala diaframmi.
3. interrompe una lunga esposizione richiudendo la seconda tendina ed abbassando lo specchio.

La leva di carica della pellicola ha un funzionamento singolo oppure additivo (brevi colpi ripetuti), con una ampiezza di 139°, ma puo' essere fermata su una posizione di partenza di 30°, per facilitare l'armamento dell'otturatore nei casi in cui si segua un'azione veloce. Per inciso la posizione di partenza arretrata permette al pollice di raggiungere la rotella di regolazione dei tempi con maggiore facilità.


Accanto alla leva di carica è situato un pulsante marcato con "R" (rewind) che ha due funzioni: permette di riavvolgere la pellicola a fine rullo,e di ricaricare l'otturatore senza avanzamento pellicola per fare esposizioni multiple. Il pulsantino è dotato di una sicura contro azionamenti accidentali: occorre premere e contemporaneamente ruotarlo in senso orario sino a farlo abbassare; esso fu collocato sulla calotta superiore contrariamente all'abitudine diffusa di collocarlo sotto, per permettere il riavvolgimento con la macchina su treppiede.
Inoltre un'altra sicurezza ne impedisce l'azionamento a dorso aperto, per evitare di mettere in folle il rocchetto di traino falsando l'inserimento della pellicola che poi potrebbe avanzare non correttamente. Nel caso in cui lo si prema inavvertitamente è possibile disinnestarlo premendo a metà il pulsante di scatto prima di azionare la leva di carica.


Il pulsante di scatto dell'otturatore è un altro gioiello meccanico: 


La ghiera coassiale riporta 3 modalità:
  • A (active) è la posizione operativa
  • L (lock) blocca il pulsante e spegne i ciruiti elettrici per risparmiare la pila
  • S (selftimer) è l'autoscatto a 10 secondi con avviso sonoro
Il pulsante di scatto è servoassistito meccanicamente per consentire un funzionamento dolce contro le vibrazioni. Da notare che se la pila si scarica la macchina puo' operare ugualmente, ma bisogna avere l'accortezza di toglierla dal vano batteria, altrimenti la macchina non funzionerà. E' interessante osservare che l'elettrodo negativo nel vano batteria è in realtà anche un pulsante meccanico, che attiva il sistema di servo assistenza del pulsante di scatto; la verifica è semplice: basta togliere la batteria dal vano per riscontrare che il pulsante di scatto diventi molto più duro nell'azionamento; premendo invece col dito l'elettrodo negativo nel vano batteria, il pulsante di scatto riprende il suo consueto funzionamento morbido. Questo è il gruppo portapila visto da dietro, si nota la fine meccanica montata sul polo negativo:

Cortesia di Gerardo

E' possibile anche bloccare l'otturatore sempre aperto (posizione T non prevista sulla ghiera dei tempi): basta premere il pulsante di scatto con l'otturatore predisposto su B e contemporaneamente girare la ghiera su L per bloccarlo. Ovviamente è meglio farlo con un filocomando provvisto di blocco per non indurre vibrazioni, ma è una nozione che in caso di emergenza può essere utile. Il pulsante accetta il classico telecomando a filo da avvitare con attacco conico:


(qui un raro esemplare originale canon, con pratica ghiera di blocco a rotazione).

L'apertura del dorso avviene tirando verso l'alto il manettino di riavvolgimento tenendo premuto un pulsantino cromato laterale (per evitare aperture accidentali); il manettino è frizionato e controllato tramite un sistema a ruota libera azionato da un micro pulsante a spillo posto sotto la levetta ribaltabile. La ruota libera impedisce di riavvolgere erroneamente la pellicola con la levetta chiusa, mentre la frizione permette al manettino di ruotare durante l'avanzamento della pellicola per mostrare il corretto funzionamento del traino, pur impedendo il riavvolgimento per evitare danni alla pellicola. La frizione infine previene danni quando usando un motore il manettino possa impigliarsi negli abiti o altrove.
In pratica la pellicola potrà essere riavvolta soltanto aprendo la levetta, il cui posizionamento sollevato a 45° permette l'operazione con molta facilità, a differenza delle levette complanari al manettino.



La regolazione della sensibilità si ottiene tramite un selettore circolare coassiale al manettino di riavvolgimento, ed è dotato di pulsantino cromato di blocco contro azionamenti accidentali. A titolo di curiosità sulle prime F-1 la scala ASA era segnata in verde, mentre sulle ultime fu segnata in bianco per renderla più visibile.




sulla stessa ghiera è inserito il correttore di esposizione, che permette una regolazione di ±2 stop, anche questa bloccata da un pulsantino di sicurezza nero.
Nella stessa foto è visibile la finestrella opalina che da' luce alla scala dell'esposimetro verticale.




da notare che la scala non è marcata in stop come si usa oggi, ma in fattore di esposizione, dove 1/4 corrisponde a -2 stop, 1/2 corrisponde a -1 stop, 2 corrisponde a +1 stop, 4 corrisponde a +2 stop ed 1 è la posizione di riferimento.
Il pentaprisma è munito di un otturatore, azionabile tramite una levetta, avente lo scopo di impedire l'ingresso di luce dal mirino durante le lunghe esposizioni, per non modificare la lettura esposimetrica:


Sul fondello della macchina troviamo invece tre tappi ed un pulsante:


Da sinistra verso destra:
  1. Il primo tappo chiude la presa di forza per l'avanzamento della pellicola tramite motore.
  2. Il pulsantino incassato sblocca il riavvolgimento della pellicola ed è azionato dal motore, per il riavvolgimento, tuttavia ha una importante funzione manuale: se capita di caricare l'otturatore quando è finito il rullo, e la leva non riesce a raggiungere il fine corsa, il pulsante di sblocco pellicola superiore, marcato R, non riesce ad effettuare lo sblocco; occorre quindi premere il tastino inferiore tramite una biro o qualcosa di appuntito. E' bene saperlo perché non riuscire a sbloccare il riavvolgimento puo' comportare il danneggiamento della pellicola se erroneamente si aziona il manettino credendo di avere correttamente effettuato lo sblocco tramite il pulsante R.
  3. Foro filettato UNC 1/4"x20p standard per cavalletto.
  4. Il secondo tappo, il più piccolo, copre la presa di forza che comanda l'otturatore quando si monta un motore.
  5. Il terzo tappo invece copre la presa di forza dedicata al riavvolgimento motorizzato della pellicola che puo' essere fatto solo col motore AE motor drive FN (l'altro motore, il Power winder FN non è dotato di riavvolgimento motorizzato). E' importante sapere che questo tappo espone la pellicola impressionata alla luce, quindi non deve essere rimosso con la pellicola caricata in macchina.

Fu progettato infine un sistema di controllo sequenziale per le operazioni della macchina.

Quando si preme il pulsante di scatto avvengono in sequenza le seguenti operazioni:

1. Il diaframma si chiude.
2. Lo specchio si solleva.
3. La prima tendina parte, iniziando l'esposizione.
4. Il meccanismo di controllo del tempo d'otturazione viene attivato.
5. La seconda tendina parte, terminando l'esposizione.
6. Lo specchio si abbassa.
7. Il diaframma si riapre.

Nella maggior parte delle fotocamere se una delle operazioni fallisce, il ciclo si conclude ugualmente, portando al fallimento dell'esposizione della pellicola.
Sulla F-1 invece un guasto ad uno dei componenti interessati impedisce la conclusione della sequenza, permettendo al fotografo di capire che la macchina è guasta, in modo da non sprecare pellicola ed occasioni fotografiche.



Parliamo ora dell'immenso parco accessori previsti per la new F-1.

 

Gli accessori per il mirino


Sulla nuova F-1 furono progettati 5 tipi di prismi intercambiabili, di cui due erano oculari speciali.
Il prisma di cui la macchina era dotata nella configurazione standard è denominato Eye-Level finder FN:


Con questo pentaprisma si ha una visione pari all'97% del campo inquadrato con ingrandimento 0.80X su obiettivo standard.
Permette il funzionamento della fotocamera esclusivamente in manuale (oppure a priorità di tempi se è installato un motore); è dotato di otturatore oculare e di slitta porta accessori/flash. Questo prisma diventa la base per calcolare gli ingrandimenti o riduzioni degli altri prismi, ed è considerato fattore 1X nelle brochure Canon. Il secondo prisma disponibile è denominato AE Finder FN:


Può essere usato come il precedente, quindi con funzionamento della fotocamera in manuale e scala esposimetrica a destra, oppure a priorità di diaframmi, impostando il selettore dei tempi su A, che tramite un piccolo perno sporgente, spinge un cursore presente sul pentaprisma, il quale commuta la scala esposimetrica da destra verso il basso ed attiva l'elettronica per la gestione a priorità di diaframmi.
E' un po' più massiccio del precedente e sul frontale ha una finestrella opalina che serve a dare luce alla scala dei tempi. Inoltre nella battuta frontale c'è un'altra piccola finestrella che legge la misura del diaframma dalla ghiera dell'obiettivo e la riporta nel mirino; tale interessante funzione è utilizzabile solo su obiettivi newFD con pulsante di sblocco, e non sui breachlock con collare cromato perché in questi ultimi la scala dei diaframmi è posizionata più avanti. Ha la stesse caratteristiche ottiche del precedente ed è parimenti dotato di chiusura oculare e slitta accessori. Su entrambi i prismi è possibile effettuare correzioni diottriche per portatori di occhiali tramite lenti correttive denominate Dioptric adjustment lens R che vennero prodotte in 10 gradazioni differenti e sono difficilissime da trovare:


Inoltre sullo stesso innesto filettato è possibile applicare l'oculare ribaltabile R denominato Magnifier R:
 

un accessorio interessante, che si fissava dietro la finestrella tonda dell'oculare ed era dotato di una cerniera a snodo che permetteva di ribaltarlo verso l'alto quando non necessario.
Unico limite era rappresentato dall'impossibilità di ingrandire tutto il mirino e quindi di non poter leggere l'esposimetro. Tuttavia la versatilità dello snodo permetteva di usarlo per ingrandire (2X) la porzione centrale alla bisogna (per esempio per macrofotografie) e di ripiegarlo verso l'alto quando non necessario. Inoltre svitando l'oculare dalla sua montatura, era possibile avvitarlo direttamente sul pentaprisma, riducendo l'ingombro, oppure con un anello di plastica in dotazione, poteva essere montato a scatto sull'oculare R, conservando la regolazione diottrica. Anche per la nuova F-1 erano utilizzabili i mirini angolari Angle Finder già utilizzati sulla precedente F-1.
Esso permetteva di ingrandire il campo inquadrato con una visione dall'alto, utile per situazioni particolari, specialmente in macrofotografia.
L'angle finder era fornito in due versioni: la versione B forniva la visione corretta, come quella del pentaprisma della reflex, mentre la versione A2 forniva la visione ribaltata sull'asse verticale (con i lati invertiti).


Il terzo prisma era stato denominato Speed Finder FN:


Un oggetto complesso, concepito per riprese difficili in ambito sportivo, composto da un prisma fisso e da uno rotante, che permetteva di osservare normalmente, oppure con macchina a livello della cintura, oppure capovolta in aria; dotato di presa accessori/flash (a differenza del modello della F-1 old) e di conchiglia oculare in gomma.
Tuttavia aveva qualche limite. Anzitutto l'impossibilità di effettuare correzioni diottriche; tuttavia è possibile utilizzare gli occhiali da vista perché la finestra è molto ampia rispetto a quella di un eye-level finder o di AE finder FN. Secondariamente riduce il campo inquadrato di 0.67 volte rispetto ai due prismi precedenti, cosa piuttosto seccante; considerando anche che osservando la finestra da lontano non si riesce a vedere tutto il campo inquadrato e sorgono anche aberrazioni ottiche che distorcono l'immagine. Infine la chiusura oculare era realizzata grossolanamente tramite una lamina di gomma riportata nella conchiglia, da ribaltare e fissare tramite un sistema rudimentale. Anche in questo caso la fotocamera è utilizzabile solo manualmente, oppure a priorità di tempi utilizzando un motore. Osservate il notevole ingombro che assume montato sulla fotocamera:


Interessante la possibilità di utilizzo inclinato (un 'liveview' ottico).


Il quarto era denominato Waist-level Finder FN:


ed era sostanzialmente un mirino per la visione a pozzetto, dove è possibile osservare il vetrino di messa a fuoco a grandezza naturale (appare quindi piccolo, avendo le dimensioni di un fotogramma 36x24) ma si possono usare gli occhiali, perciò, nonostante il campo inquadrato non sia ingrandito lo si puo' vedere distintamente tenendo la fotocamera all'altezza della cintura; da notare che la visione è invertita: l'immagine non è capovolta, ma riflessa orizzontalmente, cosa di cui bisogna tenere conto per il puntamento; anche la scala esposimetrica si trova quindi sul lato sinistro.
Ecco come appare con la lente ribaltata in modalità visione a pozzetto:


E' possibile inoltre ottenere un moderato ingrandimento pari ad 1,2X rispetto ai prismi standard, tramite una piccola lente ribaltabile mediante un pomello rotante.
In questo caso però occorre avvicinare l'occhio all'oculare e, non essendo presente regolazione diottrica, l'uso con occhiali è svantaggiato notevolmente. Ed ecco come appare con la lente in posizione di ingradimento:


Sostanzialmente pensato per la macrofotografia o la fotografia in situazioni dove non si vuole essere notati è un accessorio interessante ed ancor oggi moderatamente costoso.
Infine ecco come appare la visione diretta dello schermo di messa a fuoco (lente ribaltata e non operativa), dall'altezza di circa 70cm :


ho effettuato la ripresa obliquamente per mostrare anche la minuscola scala dell'esposimetro a grandezza naturale, che ad occhio nudo si vede, ma inquadrata con la fotocamera no (l'anello sfocato non è altro che la conchiglia oculare in gomma).
Una piccola precisazione: nelle brochure Canon sono rappresentate due lenti, di cui quella in alto è la lente ribaltabile in posizione operativa, mentre quella in basso non esiste affatto, altrimenti non avrei potuto fare questa foto:


In realtà la strisciolina azzurra disegnata nella parte inferiore rappresenta il cammino ottico per la visione della scala esposimetrica, realizzato tramite un minuscolo prisma rettangolare.


L'ultimo elemento, denominato Waist-level Finder FN-6X è un piccolo gioiello ottico:


Si tratta di un oculare che effettua un ingrandimento costante del campo inquadrato pari ad 1,55X.
Anch'esso mostra l'immagine riflessa, ma priva di distorsioni, grazie alle sue 5 lenti in 3 gruppi e dispone di una ampia regolazione diottrica, che lo rende perfetto da usare. E' stato sicuramente studiato per la macrofotografia o la riproduzione di documenti, ma è perfetto per la fotografia di strada laddove non si vuole essere notati; non puo' essere utilizzato ad altezza cintura, occorre forzatamente avvicinare l'occhio all'oculare, anch'esso provvisto di conchiglia in gomma. Tuttora questi oculari spuntano prezzi di acquisto piuttosto elevati. Con entrambi gli ultimi due oculari descritti la fotocamera è utilizzabile solo manualmente, oppure a priorità di tempi utilizzando un motore. Osservate infine i due oculari comparati tra loro:


 

I motori per il traino della pellicola


Sostanzialmente erano forniti due tipi di motori per l'avanzamento/riavvolgimento della pellicola.
Il primo tipo era denominato Power winder FN:


ed aveva il grande vantaggio di essere leggero e compatto.
Alimentato da 4 pile a stilo il cui vano era incorporato nel blocco motore, permetteva una cadenza di raffica di 2 foto/secondo. Il selettore rotativo disposto sul manico supplementare aveva 2 posizioni di lavoro oltre quella di blocco: C per lo scatto continuo ed S per lo scatto singolo. Lateralmente era previsto un ulteriore pulsante di scatto, da utilizzare con la macchina tenuta verticalmente; anch'esso era bloccabile ma era privo di selettore delle funzioni, che quindi dovevano essere impostate sul pulsante principale. Sulla parte posteriore vi era un contapose dal funzionamento sottrattivo (partiva da posa 36 a scalare) che era programmabile per la posa iniziale (quando esistevano rulli da 12-24-36 pose, oppure per i rulli bobinati in proprio); vi era poi un pulsante di azzeramento per il contapose ed ancora un jack da 2.5mm per i comandi remoti elettrici (che descriverò più avanti) ed infine un led che segnalava la fine del rullo e la necessità di riavvolgerlo; non era presente un controllo per la carica delle pile. Il grosso vantaggio del power winder FN era la portabilità e la leggerezza: lo spessore del corpo macchina col winder montato rimaneva immutato, cosa decisamente apprezzabile. Il limite di questo accessorio però era che non permetteva il riavvolgimento della pellicola, che andava effettuata manualmente, premendo il pulsante R e riavvolgendo col manettino. Il secondo tipo di motore era denominato AE Motor Drive FN:






Si tratta di un motore molto più versatile del precedente, ma anche più pesante ed ingombrante.
Aveva il grosso vantaggio di poter staccare il gruppo di alimentazione rapidamente, per cui utilizzandone due, si poteva istantaneamente fare un cambio batterie, per non perdere tempo operativo. Inoltre era dotato di motore indipendente per il riavvolgimento della pellicola. Il selettore di scatto aveva 3 posizioni oltre il blocco: S per lo scatto singolo, L per la raffica lenta di 3,5 fotogrammi al secondo, H per la raffica veloce (da 4,5 a 5 fotogrammi al secondo, a seconda dell'alimentazione) Era munito di una presa di forza per il dorso pellicola ad alta capacità (100 fotogrammi), che descrivero' più avanti, ed oltre agli stessi comandi del power winder aveva un pulsante per il riavvolgimento della pellicola. Per questo motore erano disponibili 4 soluzioni differenti per l'alimentazione:


In particolare:
Il Battery pack FN era un alimentatore a pile stilo, ne montava 12, e permetteva cadenze di raffica di 5 fps oppure 3,5 fps; era munito di pulsante di test con led per il controllo della carica e dotato di jack da 2,5mm per lo scatto remoto. Su di esso era anche riportato il pulsante di scatto verticale bloccabile.
Il Ni-Cd Pack FN era un gruppo ricaricabile al Nickel-Cadmio di bassa capacità e di profilo ridotto (stesso spessore del corpo macchina) e permetteva 4.5/3.5 fps.
L' High Power Ni-Cd Pack FN era invece un gruppo ricaricabile ad alta capacità, che manteneva la cadenza di 5/3.5 fps ed era munito di pulsante di scatto verticale e jack per il controllo remoto. Inoltre sul davanti era presente una presa di alimentazione, che tramite il Battery Cord C-FN:




permetteva di alimentare anche la fotocamera, eliminando la necessità della pila.
Entrambi i gruppi ricaricabili necessitavano di un apposito alimentatore per la ricarica, denominato MA-FN:



Una breve nota: trovare oggi i gruppi ricaricabili in buono stato è assai difficile, considerando l'effetto memoria delle celle al NiCd e gli innumerevoli anni trascorsi è probabile che siano esauriti, per non parlare della difficoltà nel trovare l'alimentatore che avendo un connettore particolarissimo non è sostituibile con null'altro.
Se vi capita una rimanenza invenduta, mai usata, e vi forniscono l'alimentatore potete prenderlo in considerazione, diversamente ripiegate sul gruppo a pile, tanto più che le moderne ricaricabili hanno caratteristiche migliori delle celle NiCd degli anni 80. L'ultimo gruppo era il AC-DC Converter AD-10, che era un gruppo per l'alimentazione esterna per lavorare in studio.


Infine vi era l'impressionante High speed motor drive:


Introdotto nel 1984 in occasione delle olimpiadi di Los Angeles, e permetteva una cadenza di raffica massima di ben 14 fotogrammi al secondo.

Tale impressionante valore non fu mai più superato e dimostra l'incredibile bontà del progetto meccanico della F-1. Oggi ci raccontano che i 10 fotogrammi al secondo delle varie 1Ds sono un gran risultato, ma non è affatto così, si è fatto di meglio in passato. Questo gruppo di alimentazione a 24V era fornito insieme ad una versione speciale della F-1, modificata in modo da non avere lo specchio ribaltabile, ma fisso e semitrasparente (come sulla Pellix e sulla EOS-1 RS) e privo della leva manuale per il caricamento dell'otturatore. Fu realizzato in pochi esemplari, dedicati ai fotografi professionisti.

Ne ho visto uno solo su di un'asta ebay: chiusosi a 2827 dollari:


Qui potete vedere il dettaglio dello schermo fisso semitrasparente:



Ed il notevole otturatore a lame a scorrimento orizzontale:



Ecco altre foto:














Su tutti i gruppi di alimentazione era presente un jack da 2.5mm, tramite il quale si potevano utilizzare degli accessori per il controllo remoto della fotocamera:


tra cui classici telecomandi a filo di diverse lunghezze, un intervallometro a filo programmabile, il primo controllo a raggi infrarossi (LC-1) e due programmatori per foto non presidiate (time lapse) di cui non ho mai trovato la documentazione.

Qui potete vedere il raro intervallometro TM-1:


Ed il primo telecomando senza fili LC-1 (a sinistra la trasmittente, a destra la ricevente):




I dorsi supplementari



 Il dorso denominato Data Back FN, detto dorso datario (diverso dai modelli previsti per la F-1old e per la A-1).




Esso permetteva di imprimere la data sulla pellicola, data che poteva essere impostata tramite cursori a rotella sulla parte posteriore.
Il collegamento avveniva tramite contatti mobili, dentro il vano pellicola. Disgraziatamente l'impostazione per l'anno era basata su due cifre, da 82 fino a 92 (da 90 a 00 sugli ultimi modelli prodotti), che per l'epoca doveva essere considerato decisamente remoto. Erano tuttavia disponibili numeri singoli da 0 a 9, i numeri romani da I a X, e le lettere minuscole da "a" fino a "g"; oppure nessuna cifra. Per il mese invece oltre i numeri da 0 a 31 (si, proprio fino a 31), erano disponibili le lettere maiuscole da "A" sino a "G", oppure nessuna cifra. Per i giorni infine erano disponibili i numeri da 0 a 31, oppure nessuna cifra. In questo modo era possibile quindi imprimere anche codifiche alfabetiche, oltre che la data. Il dorso datario poteva funzionare automaticamente per ogni scatto, oppure manualmente tramite un apposito pulsante, per imprimere la data solo se desiderato. Il funzionamento era segnalato da una lampada arancione, che indicava sia l'avvenuta accensione rimanendo permanentemente accesa, sia l'impressione della data, lampeggiando ogni volta. Era disponibile un selettore di intensità della luce emessa dalla lampada a scarica, per adeguarla alle varie sensibilità di pellicole disponibili, in modo da avere un risultato ottimale. L'alimentazione era fornita tramite una pila da 6V identica a quella in uso per la fotocamera, cioè una 4LR44/PX28. Benché un accessorio del genere possa sembrare del tutto inutile , io lo ritengo invece interessante. Lo uso infatti per marchiare il primo fotogramma di un caricatore con la data del giorno in cui faccio gli scatti, in modo da conservarne memoria per l'archivio, il risultato è questo:


Da notare che il dorso datario, in abbinamento ad un motore per il trascinamento della pellicola rallenta la cadenza di raffica se impostato per imprimere ogni fotogramma.
Anche il dorso datario, come molti accessori elettronici della prima generazione è avidissimo di energia: basta dimenticarselo acceso una notte per trovare la pila completamente scarica. Un'utilità accessoria di questo dorso consiste nell'avere disponibile sulla fotocamera una batteria supplementare già pronta nel caso in cui essa si scarichi rendendo inutilizzabile l'esposimetro: basta utilizzare quella del dorso montandola sulla fotocamera. Il dorso denominato Film Chamber FN 100, (magazzino pellicola).


Questo mastodontico dorso era un magazzino pellicola, ideato per poter utilizzare la pellicola sfusa in bobine da 30 metri all'epoca molto diffusa (oggi è pressoché introvabile; in germania vendono ancora bobine per pochi tipi di pellicola in bianco e nero, in ogni caso se non avete alle spalle un laboratorio capace di sviluppare la pellicola sfusa è impensabile acquistare questo dorso)
L'utilizzo di questo dorso presupponeva tuttavia che fosse montato il motore AE motor drive FN, dal quale prendeva l'alimentazione per il motore di traino pellicola tramite una presa a 6 poli denominata F.C. (film chamber) Di conseguenza l'ingombro della fotocamera diventava veramente impressionante:


Il Film Chamber 100 FN era dotato di diverse sicurezze, atte ad impedire l'esposizione erronea della pellicola alla luce per manovre accidentali.
La pellicola veniva avvolta su rocchetti speciali, di cui due erano forniti a corredo col dorso, ed altri, denominati Film magazine FN 100:


dovevano essere comprati a parte, per costituire la scorta.
Su questi rocchetti, che erano muniti di un sistema cilindrico scorrevole a tenuta di luce occorreva avvolgere la pellicola partendo dalle bobine commerciali in camera oscura, tramite una apposita bobinatrice, denominata Film Loader 250 II:


Questa bobinatrice manuale, che differisce da quella realizzata per la prima F-1 solo per avere le tacche 250 e 100 colorate in rosso, aveva diverse raffinatezze che su prodotti equivalenti della concorrenza (nikon ed olympus) erano del tutto assenti.
Anzitutto la scala graduata per impostare la quantità di pellicola da avvolgere aveva le tacche fosforescenti, per poter essere lette al buio in camera oscura. Inoltre era dotata di un sistema di blocco: una volta arrotolata sul rocchetto la quantità prefissata di pellicola, la rotazione della manovella veniva fermata, per evitare di eccedere la capacità dei rocchetti. Infine la costruzione era in pressofusione, per renderla stabile durante le manovre, mentre prodotti equivalenti erano costruiti in legno, su cui venivano riportati i meccanismi di avvolgimento:


Inutile dire che è un oggetto introvabile.
Curioso osservare che mentre Nikon ed Olympus vendevano lo stesso prodotto (comprato da terzi e rimarchiato), Canon invece lo aveva sviluppato per conto suo, e meglio. Comunque una volta avvolto il film, e chiusi i rocchetti a tenuta di luce, essi potevano venire caricati nel dorso. Il dorso non poteva essere aperto se prima non si chiudevano ermeticamente i rocchetti tramite i selettori rotativi presenti sulla parte superiore del Film chamber e contraddistinti dalla scritta "back cover open-close". Questo garantiva che il dorso potesse essere aperto solo se i rocchetti erano sigillati dalla luce. Sembra molto complesso descritto in questo modo, ma in realtà la manovra è semplicissima. Era presente inoltre un'altra sicurezza: la macchina non poteva scattare se il film non fosse stato correttamente caricato, e smetteva di scattare anche quando il film era terminato, accendendo in entrambi i casi il led rosso presente sul motor drive. Insomma, un oggetto complesso, ma facile da utilizzare, segno di un grande studio tecnico.

 

Gli accessori per macrofotografia


Il sistema FD fu dotato di una serie di accessori per macro e microfotografia di livello elevatissimo, che unito ad alcuni obiettivi specialistici mai più prodotti lo resero un vero cavallo di battaglia per la canon. Le informazioni che leggerete sono tratte anche dalla rara brochure pubblicata da Canon nel 1978:


Qui potete vedere una foto di catalogo che illustra la vastità del sistema:


Si possono vedere stativi da riproduzione, bellows, tubi di prolunga, accessori per microscopi, accessori per la duplicazione di diapositive e di film e microfilm, obiettivi speciali per elevati rapporti di ingrandimento.
Questo invece è il diagramma che illustra il sistema macro ideato da Canon:


Una premessa importante.
La macrofotografia inizia a partire dal rapporto di riproduzione 1:1 e sotto questo punto di vista Canon aveva in catalogo già 3 obiettivi FD predisposti per tale rapporto di riproduzione:
  • 50mm F/3.5 macro
  • 100 mm F/4 macro
  • 200mm F/4 macro
I primi due raggiungevano il rapporto di riproduzione lifesize (1:1) tramite un tubo di prolunga (25mm per l'obiettivo 50mm e 50mm per l'obiettivo 100mm), mentre l'obiettivo 200mm raggiungeva tale rapporto direttamente. Questi obiettivi si usano in modo diverso dagli altri: si imposta il rapporto di riproduzione tramite la ghiera (che non serve per mettere a fuoco in macrofotografia) ed il fuoco viene raggiunto spostando avanti e indietro l'insieme fotocamera+obiettivo, possibilmente non a mano libera, ma tramite slitte micrometriche comprese nel panorama accessori. Usando invece l'obiettivo normalmente, si può mettere a fuoco tramite la ghiera sul barilotto, come si fa di consuetudine, in quanto tutti e tre permettono la messa a fuoco ad infinito. Tuttavia Canon si spinse molto più avanti, strutturando un sottosistema per macrofotografia spinta, basato sostanzialmente su di un dispositivo indispensabile: il soffietto estensibile, detto bellows.
 

Potete infatti osservare: 1) A sinistra Auto Bellows FD, automatico (dotato di replica dell'apertura del diaframma sulla standarta anteriore, azionabile tramite cavo doppio):


su cui è stata montata la base porta oggetti retroilluminabile macro stage:


2) Al centro ancora Auto Bellows FD munito di sistema di duplicazione di diapositive da applicare all'obiettivo FD 50 macro:



3) A destra Bellows FL del precedente sistema, non automatico (comando del diaframma presente, ma azionabile tramite una levetta a mano) e tenuto in catalogo per il minor prezzo:


A titolo di curiosità, il bellows FL poteva essere reso automatico utilizzando un accessorio pressoché sconosciuto, detto macro auto ring:


ed il cavo di comando detto Double Cable release:


L'anello macro auto ring, come si vedrà più avanti, serve anche per usare obiettivi invertiti comandandone il diaframma in modo automatico Con questi due elementi diventava quindi possibile comandare l'apertura del diaframma sull'obiettivo montato sul bellows FL (e quindi disaccoppiato meccanicamente dalla fotocamera) e contemporaneamente azionare lo scatto, per non dover lavorare in stop-down. Sull'Auto bellows FD invece era necessario solo il cavo doppio in quanto la standarta anteriore era dotata di innesto per il cavo in modo da azionare il diaframma dell'obiettivo. A titolo di pura curiosità, con la seguente configurazione:


che è quella illustrata al punto 1, ho montato sul bellows il rarissimo obiettivo conico FD 35/2.8 macro photo:


che descriverò più avanti, nel capitolo degli obiettivi, il quale permetteva di raggiungere rapporti di riproduzione sino a 12X (mentre il fratello FD20/3.5 arrivava sino a 24X con vari accorgimenti) ed ho fatto 3 scatti di prova, utilizzando l'originale anello adattatore FD-EOS per macrofotografia per applicare su questo dinosauro FD la EOS 1DsIII. Tale anello adattatore:


è un anello vuoto pensato solo per recuperare l'uso di ottiche macro FD, e naturalmente, a causa del differente tiraggio fra i due sistemi, non permette la messa a fuoco ad infinito sul sistema EOS; è munito di una levetta che permette l'azionamento del diaframma quando è utilizzato accoppiato direttamente ad obiettivi FD, per valutare sia la profondità di campo che per effettuare la lettura della luce. L'oggetto fotografato è un piccolo attrezzo in plastica la cui estremità metallica filettata, raffigurata nelle foto, misura 3 millimetri di lunghezza e 2.5 millimetri di diametro. Questi i risultati. ingrandimento circa 3X:


ingrandimento circa 6X:


ingrandimento circa 12X (usando duplicatore di focale FD):


L'altro obiettivo "conico" specifico per microfotografia è il 20/3.5, che tuttavia non ha la stessa elevatissima qualità del 35mm. In ogni caso a 24 ingrandimenti non scherza:


L'utilizzo del sistema è molto semplice: la standarta posteriore, su cui è fissata la fotocamera regola il fattore di ingrandimento, mentre la standarta anteriore, su cui è fissato l'obiettivo, regola la messa a fuoco. La struttura del bellows è costituita da una guida prismatica ad X rettificata, su cui scorrono le standarte su pattini in nylon, tramite viti micrometriche di precisione, con frizione regolabile per contrastare i pesi applicati. Inutile dire che il sistema è rigidissimo e consente la messa a fuoco nel mirino senza traballamenti di sorta. Al massimo ingrandimento l'obiettivo si trova distante circa 2cm dal soggetto, ma a seconda del tipo di obiettivo questa distanza può ovviamente cambiare. Provate a fare la stessa cosa con un MPE-65 (che arriva solo a 5X) su di una traballante guida micrometrica manfrotto 454, e poi ne riparliamo serenamente. Come potete vedere dai risultati, il sistema è tutt'altro che superato ed è applicabilissimo alla fotografia digitale, con risultati paragonabili se non superiori a quelli degli attuali obiettivi. Come vi illustrerò nella sezione obiettivi, sia il 35/2.8 photomicro, che il 50macro della serie FD sono stati ritenuti i migliori obiettivi macro mai prodotti dalla Canon; per non parlare dell'incredibile FD 200 macro, raro e costoso. Nel sistema FD Canon aveva inoltre previsto l'impiego di obiettivi invertiti, in modo da ottenere forti rapporti di ingrandimento senza dover acquistare i costosi obiettivi dedicati. Fu sviluppato quindi un accessorio denominato MA-52 macrophoto adapter:


che era costituito da due elementi: l'anello metallico su un lato aveva l'innesto FD femmina, da applicare sulla fotocamera, mentre sull'altro lato era presente una filettatura da 52mm sulla quale avvitare la parte frontale dell'obiettivo. In questo modo ovviamente veniva a mancare il collegamento fotocamera-obiettivo, e la manovra del diaframma risultava impossibile. A tal scopo, il secondo elemento, denominato Macro hood non era altro che un tappo posteriore FD, forato per far passare la luce e dotato di un fermo in plastica che andava ad impegnare la leva di preselezione del diaframma, consentendo in questo modo la regolazione dello stesso tramite la ghiera sul barilotto:


In questo modo tuttavia si doveva lavorare in stop-down, aprendo e chiudendo il diaframma per effettuare la misura della luce e verificare la profondità di campo nitido. Una possibilità ancora più raffinata era quella di utilizzare un altro anello, già descritto precedentemente, ossia il Macro auto ring dotato di innesto filettato per il cavo di scatto remoto. Utilizzando quindi il cavo di comando doppio, risultava possibile lavorare col diaframma a tutta apertura, regolare lo stesso tramite la ghiera, ed ottenere il funzionamento automatico, cioè la chiusura al valore impostato durante lo scatto; inoltre premendo a metà il pulsante del cavo doppio si effettuava la chiusura del diaframma al valore voluto, cosa che permetteva facilmente di valutare la profondità di campo senza manovre troppo complicate, visto che il doppio cavo di comando poteva essere bloccato sulla prima posizione (per valutare la profondità di campo) ma anche sulla seconda, per ottenere pose bulb. In pratica invertendo un obiettivo lo si poteva utilizzare in modo pienamente automatico, come se fosse stato montato normalmente.
Ecco come si presenta il sistema composto da MA52 + Macro auto ring + doppio cavo di comando:


Questo dimostra molta attenzione per i dettagli, e volontà di fornire ai fotoamatori strumenti validi senza necessariamente dover comprare materiale troppo costoso. Un altro interessante impiego dei soffietti era quello di duplicare le diapositive. A quel tempo gli scanner erano al loro esordio, quindi oltre ad essere costosi ed enormemente ingombranti, non raggiungevano la qualità dei giorni nostri. Ecco allora che un ottimo modo per riprodurre una diapositiva era quello di rifotografarla, aggiungendo al soffetto Auto Bellows FD il cosiddetto Duplicator 35-52, che utilizzato insieme allo spettacolare FD50 macro, permetteva di riprodurre diapositive, selezionando rapporti di ingrandimento differenti e correggendo anche eventuali errori di inquadratura, dato che il portadiapositive era mobile su due assi; infine era possibile acquisire anche diapositive in striscia tramite l'apposito caricatore, oltre che rifotografare negative in bianco e nero per ottenere positivi, quindi diapositive. Da notare che sfruttando il sistema di movimento su due assi del telaio, e montando il 50mm FD invertito, risultava possibile acquisire diapositive dal formato 110, ritagliandole a piacimento. Infine era possibile applicare anche filtri gelatina per correggere la resa cromatica delle diapositive riprodotte. Per inciso è un ottimo sistema anche oggi, che supera la qualità di uno scanner amatoriale se si possiede una digitale ad alta risoluzione, tuttavia è un sistema un po' scomodo: occorre gestire accuratamente la temperatura cromatica delle luci usate per evitare di avere dominanti indesiderate; inoltre, nota assai dolente, l'anello adattatore per applicare una EOS al soffietto FD ha uno spessore che modifica il tiraggio del soffietto e riduce notevolmente la possibilità di messa a fuoco della diapositiva, rendendo le operazioni molto più lunghe del necessario, e talvolta impossibili. Peccato. Questo è il sistema completo:


Per completare il panorama degli strumenti per macrofotografia, vi mostro la slitta micrometrica Focusing Rail pensata per lavori di riproduzione o in abbinamento con obiettivi a forte ingrandimento. Si tratta di uno strumento raffinato utilizzabile per riprese dove la precisione nella messa a fuoco è un fattore critico. Il paragone con il materiale in commercio oggi è assolutamente improponibile; la cremagliera con dentatura inclinata, concepita per non avere giochi di ripresa, in abbinamento con le manopole frizionabili per il controllo del peso applicato la rendono unica.


Infine un supporto per fotocamera denominato Camera Holder F4  pensato probabilmente per gli stativi, il luogo della ben più costosa guida micrometrica


Un interessante ed altrettanto raro accessorio è l'Handy Stand F, uno stativo da riproduzione smontabile e trasportabile, dotato di anelli di raccordo per 52-55-58mm, tubo di prolunga M5 ed accessorio per la manovra del diaframma manual diaphragm adapter munito di 4 gambe telescopiche regolabili:


Tutti questi accessori di supporto sono estremamente difficili da trovare. Canon inoltre aveva previsto la possibilità di riprodurre i film da 8mm e da 16mm tramite altri due adattatori da applicare agli obiettivi conici da 20 e 35 montati sul bellows, per effettuare il passaggio su 35mm, denominati Duplicator 8 e Duplicator 16 inoltre vi era un terzo speciale duplicatore (Duplicator G).


Di questi tre duplicatori, dotati di speciali ottiche Köhler da microscopia per l'illuminazione del fotogramma ho una illustrazione di
catalogo, che raffigura il Duplicator 8 innestato sul 20mm photomicro a sua volta montato sull'Auto Bellows FD:


ed ecco una foto del mio rarissimo duplicator 8:


Il duplicator 8 è un accessorio specifico dell'obiettivo photomicro 20mm F/3.5.
Gli altri due duplicatori sono il duplicator 16 (da montare sul 35 F/2.8 photomicro) ed il duplicator G, previsto per fotocamere da gastroscopia in abbinamento al 20mm photomicro, su cui non esiste documentazione, ma sono riuscito a trovarne una foto, dove si comprende che assomiglia al duplicator 8 (sembra identico) e differisce nel formato del film che accetta, con fotogrammi da 7 mm x 5 mm, probabilmente proprietario della fotocamera (o cinepresa) che li impressionava. Ricordo che Canon era piuttosto attiva nel campo della fotografia medica ed è facile che abbia prodotto un sistema endoscopico basato su film, dal quale poi recuperare fotogrammi per una successiva analisi medica.



Ecco il duplicator G: l'elemento cilindrico filettato a sinistra è semplicemente un manicotto scorrevole per aggiustare la messa a fuoco, comune a tutti i duplicatori.






Questi rari duplicatori richiedono di essere avvitati sopra uno dei due obiettivi per microfotografia, il cui elemento frontale conico è svitabile tramite filettatura proprietaria (non RMS). L'elemento ottico Köhler del duplicatore, derivato dalla microscopia, è dotato di condensatore e diaframma di campo fisso, e serve per illuminare uniformemente il fotogramma. Tramite l'obiettivo fotomicro montato sul soffietto bellows si può ingrandire il fotogramma del film a piacimento (nei limiti della risoluzione del film originale). E' ovvio che trasferire un intero film 8mm sul formato 135 sia un'impresa immane, in quanto occorre rifotografare ogni singolo fotogramma manualmente non essendo previsto nessun automatismo per lo scorrimento del film, occorre cioè spostare manualmente il film fotogramma per fotogramma fermandolo tramite il sistema di blocco incorporato nel duplicatore, la cui testa incernierata è ribaltabile. Lo scopo di questo duplicatore è quello di recuperare singoli fotogrammi, o comunque brevi sequenze di fotogrammi limitate dalla capacità massima del sistema FD new, ossia i cento fotogrammi del dorso speciale, corrispondendi a poco più di 4 secondi di filmato, oppure i 250 fotogrammi del sistema old. Ecco come si presenta il duplicator 8 affiancato al 20 F/3.5 photomicro con anello conico rimosso:


Ed ecco invece come si presenta una volta montato e piazzato sul bellows tramite l'adattatore RMS-FD in dotazione:


Qui invece potete vedere il duplicatore con l'illuminatore Köhler ribaltato per consentire l'inserimento del film, guidato da perni in acciaio:


Per completare il panorama macro vi mostro il sistema di raccordo che permetteva il collegamento delle fotocamere FD ai microscopi per effettuare fotografie scientifiche.

Questo adattatore era denominato Photomicro Unit F:

e permetteva il montaggio sui microscopi, come su questo Leitz trinoculare:


In alternativa era possibile usare un paraluce scorrevole dedicato da montare sopra l'oculare del microscopio,
denominato Microphoto hood:


Il quale, essendo stato originariamente concepito per le fotocamere telemetro, era dotato di filettatura M39 e richiedeva quindi l'adattatore lens mount converter A per essere collegato al bellows.
Naturalmente era consigliabile usare un copy stand sul quale sospendere il bellows, per non caricare il microscopio con un peso eccessivo.
I copy stand originali canon progettati per il sistema macro sono rarissimi, non ne ho mai visto uno.

 

Curiosità



Anche per la nuova F-1 fu approntata una versione commemorativa per le olimpiadi di Los Angeles del 1984:



Questa è una rara versione di F-1 per utilizzo oftalmologico, denominata F-Rb:







Tale fotocamera era stata concepita per essere usata con un monitor speciale tramite un hardware dedicato; senza tali componenti è del tutto inutilizzabile.

Questo invece è un raro fermacravatta regalatomi da Marco Cavina:


Mentre questa è un'altrettanto rara tracolla originale in versione olimpica Los Angeles 1984, impreziosita con fili metallici intrecciati:



Ecco infine una rarità assoluta, la Canon new-F-1 del cinquantenario della canon: 




Per concludere vi mostro alcune macchine della collezione Prüfert.
Molto bella la versione cromata, anche se la permanenza di elementi in plastica nera la rende meno accattivante dell'omologa versione basata sulla F-1 old, rarissime la versione per polizia con scocca arancione e la olive drab new modificata con dorso polaroid.








 

2 commenti:

  1. Salve, la contatto per porle un quesito, ho da poco questa meraviglia di canon f1new, ma ha un problema, in pratica il primo scatto dopo averla tenuta a riposo risulta di una posa di alcuni minuti, gli scatti successivi risultano invece perfetti se effettuati in successione, rimessa a riposo di qlc minuto ripresenta lo stessso problema.La ringrazio se avesse suggerimenti .

    RispondiElimina
  2. Sembrerebbe un problema di lubrificazione del gruppo specchio, ma è bene sentire un fotoriparatore.

    RispondiElimina

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.